CAMPO AUTONOMO (1970)
Nell’ambito della progettazione della Città Fantastica Fogliati aveva pensato di realizzare un congegno in grado di autoprogrammarsi in modo sempre variante, così da non presentare mai un evento uguale a se stesso. Questo congegno, come una sorta di torre di controllo, avrebbe poi innescato le varie presenze nella città in funzione di queste sollecitazioni in continua variazione. In questo modo si sarebbe garantita la non ripetitività degli esiti di ciascun ambiente.
Il Campo autonomo centra pienamente questo obiettivo; l’opera rappresenta un complessivo di movimenti individuali a “reciproca determinazione”. Il movimento di ogni singolo elemento influenza e condiziona il movimento degli elementi ad esso contigui. Questi elementi sono dei piattelli sospesi a mezz’aria per mezzo di fili; questi fili sono collegati ad una scatola sul soffitto con all’interno un sistema meccanico che impartisce loro un movimento rotatorio nella stessa direzione ed alla stessa velocità.
Per permettere la sospensione dei piattelli ognuno di questi ha un foro nel quale è inserito il filo che lo collega al motore posto all’interno della scatola. Ogni foro non è praticato esattamente al centro del piattello ma è leggermente decentrato (eccentrico) in modo da creare una situazione di tensione. Il decentramento dei fili crea dei rapporti di tensione e di quiete tra i vari piattelli. Nelle posizioni di tensione i fili accumulano energia che, quando liberata, causa una rotazione veloce degli eccentrici in contatto tra loro. Ma nello stesso tempo gli altri piattelli influenzano reciprocamente le proprie rotazioni determinando un movimento non caotico ma organizzato in continuo mutamento. In origine abbiamo un movimento rotatorio (quello prodotto dal sistema meccanico all’interno della scatola) uguale per tutti i fili; ma il moto dei vari piattelli produce un esito sempre variante ed organizzato (per cui il titolo Campo autonomo).